~moody |
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| I Persiani, vestiti a lutto, piangevano - insieme alle consorti e ai figli - la morte di Alessandro con sincero cordoglio. Pur essendo abituati (da sempre) a vivere una vita da sudditi [servilem], riconoscevano di non aver (mai) avuto [non alium rectorem… fuisse sibi; costr. dativo di possesso] altro regnante migliore di lui. La notizia della morte di Alessandro giunse [lett. perlata est - perfero; fu riferita] rapidamente anche alla madre di Dario; ella non provò vergogna [costr. impersonale con l'acc. della persona che prova vergogna] ad indossare l'abito del lutto e, strappatasi i capelli (per il dolore), e a gettarsi a terra [humi, locativo]. Le era accanto la seconda [nel senso: la più grande] delle nipoti, una ragazza di circa vent'anni, che piangeva con egual dolore. Ma Sisigamba [era il nome della donna] era afflitta per la sorte propria e delle (proprie) nipoti, con la morte di Dario. Infatti, pensava: "Chi avrà pietà [costr. impersonale con l'accusativo della persona che prova pietà] di me e delle mie nipoti? Ci sarà (mai) [lett. chi sarà (come) un altro Alessandro? [Alessandro aveva sempre avuto occhio di riguardo e compassione per la madre del proprio nemico]". Infine, volle farla finita [lett. le venne a noia la vita; costr. impersonale sempre con l'acc. della persona] e si lasciò vincere dal dolore; si lasciò morire di fame ["cibo abstinuit et luce" è idiomatico]; morì dopo 5 giorni.
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